L’alternativa alla cremazione che tutela l’ambiente
Ne abbiamo sentito parlare in occasione della morte di Desmond Tutu, l’arcivescovo sudafricano che nel testamento aveva espresso il desiderio di far sciogliere il suo corpo in acqua. In America è consentita in 20 Stati ed è ammessa in Canada, Australia, Gran Bretagna, Messico, Sudafrica, Olanda. Parliamo dell’acquamazione. Ma in cosa consiste? E in che senso possiamo considerarla una pratica funeraria più eco-compatibile rispetto alla cremazione e alle sepolture tradizionali? Scopriamolo insieme.
Cos’è l’acquamazione?
La tecnica dell’acquamazione, nota anche come biocremazione, risomazione e cremazione con acqua, si basa sull’idrolisi alcalina. Il corpo non viene bruciato ma posto in un contenitore pressurizzato riempito con una soluzione di acqua e idrossido di potassio. Successivamente viene riscaldato a una temperatura di circa 160 °C. Tramite questo processo, che dura dalle quattro alle sei ore, la salma si decompone e i resti delle ossa vengono polverizzati.
Ciò che si ottiene è un liquido contenente aminoacidi, peptidi, zuccheri e sali. Tale composto è privo di RNA o DNA e può essere disperso nell’ambiente senza arrecare danni. Eventuali protesi in titanio o pacemaker presenti all’interno della salma vengono recuperati e smaltiti negli impianti preposti o, se possibile, riciclati. Anche l’amalgama dentale è raccolta separatamente e smaltita, evitando così il rilascio di mercurio nell’aria.
Le polveri, più bianche e fini rispetto alle ceneri della cremazione, sono restituite ai parenti che ne decidono la destinazione secondo le volontà espresse dal defunto quando era in vita. Nello specifico, i resti possono essere conservati in un’urna presso il cimitero, in casa o sparsi nelle zone consentite dalla legge. Inoltre, sempre rispetto alla tradizionale cremazione, questa tecnica consente di ottenere il 30% di resti in più.
Prima di soffermarci sul lato green dell’acquamazione, facciamo luce sulla sua storia: da dove proviene e per quali finalità è stata ideato questo procedimento?
Le origini
La tecnica dell’idrolisi alcalina è stata brevettata negli Stati Uniti nel 1888 con lo scopo di smaltire le carcasse di animali. Col tempo è stata impiegata anche negli allevamenti e nei laboratori durante l’epidemia della mucca pazza, oltre che nelle facoltà di medicina americane per il trattamento dei corpi donati alla scienza.
A partire dai primi anni 2000, l’acquamazione è stata approvata anche in ambito commerciale: le imprese funebri hanno dunque avuto la possibilità di garantire ai loro clienti una valida alternativa alla cremazione, sia per le spoglie umane che animali.
Perché è un sistema eco-compatibile?
In un mondo sempre più attento alla sostenibilità ambientale e alla riduzione delle emissioni di CO2, è importante soffermarsi sull’impatto di ogni singola iniziativa, anche quando si tratta di pensare al momento della morte. Ecco che una scelta come quella dell’idrolisi alcalina rappresenta un’opportunità di contribuire alla salvaguardia del pianeta. Una scelta altruista e rispettosa delle risorse naturali.
L’acquamazione è un sistema eco-compatibile perché:
- non utilizza combustibili fossili;
- consente una riduzione di emissioni di CO2;
- non rilascia emissioni di mercurio nell’ambiente;
- consuma fino al 90% in meno di energia;
- utilizza meno acqua rispetto all’uso giornaliero di una singola famiglia.
Inoltre, rispetto all’inumazione e alla tumulazione che comportano l’occupazione di vaste aree territoriali, questa tecnica permette di contenere gli spazi dei cimiteri e di contribuire alla riduzione del disboscamento.
Infine, la cremazione con acqua rappresenta una risposta etica ai bisogni dei familiari dei defunti che in questo modo possono:
- avere un’alternativa in più rispetto alle sepolture tradizionali e alla cremazione;
- scegliere un processo più delicato e rispettoso che non prevede fiamme;
- ricevere il 30% in più di ceneri rispetto alla cremazione.
L’acquamazione nel mondo: dove è consentita
Nonostante gli evidenti vantaggi, l’acquamazione non è ancora consentita in diverse parti del mondo, Italia inclusa. È approvata infatti solo in:
- 20 Stati degli USA: dal 2003
- alcune parti dell’Australia: dal 2009
- 3 Stati del Canada: dal 2012
- Gran Bretagna: dal 2017
- Messico: dal 2019
- Sudafrica: dal 2019
- Olanda: dal 2020
La diffusione di questa procedura green è frenata da scetticismo, critiche e mancanza di legislazione di riferimento. Tra le principali obiezioni sollevate su questa tecnica citiamo:
- la difficoltà delle persone di accettare che il liquido derivante dal processo venga usato come fertilizzante o inviato a un impianto di depurazione;
- l’elevato costo dei macchinari e degli impianti necessari per l’erogazione del servizio.
Per concludere, davanti a un evento triste ma naturale come quello della morte, è importante conoscere le opzioni a disposizione, non solo per garantire un commiato rispettoso ma anche per ridurre l’impatto ambientale nei limiti del possibile. Ecco perché l’acquamazione merita una riflessione particolare: grazie a essa, è possibile diminuire il dispendio di risorse naturali ed economiche, nel massimo riguardo dei vissuti emotivi e spirituali di ciascuno.
Prima di darvi appuntamento al prossimo blog post, vi lasciamo due link utili per approfondire l’argomento:
- Status legale dell’acquamazione negli USA (in inglese)
- Il futuro della morte: dentro la macchina che dissolve i cadaveri – Wired (in inglese, sottotitolato in italiano